martedì 26 gennaio 2010

CARAVAGGIO/BACON : LA RECENSIONE

 
 
mannaggia a Melinda, stavo a tutt'altro affaccendata e il suo commento "fuori dal blu" mi ha spinto a parcheggiarmi qui per quelle che saranno senz'altro un paio di ore.

Ma quando una c' ha da scrivere, deve scrivere.

Durante il WE si diceva del Caravaggio che sono andata a vedere con una amica a Roma. La mostra in realtà era su Caravaggio e Bacon (che non è la ricetta per un Brunch domenicale) e dopo aver visto questo video qui mi sono sentita di non poterla perdere, specie dopo aver visto due opere anni fa nella chiesa di S Luigi dei Francesi che mi ha fatto rizzare le antennine dell'interesse verso l'artista.

Beh, la mostra va definita così-così perchè la Villa Borghese non si presta ad accostamenti così arditii. Bacon e Caravaggio sono già stili tecnicamente incompatibili, ma in un ambiente carico e barocco come quello di Villa Borghese l'appaiamento fa l'effetto dell'unghia sulla lavagna. Questo anche a discapito dei Raffaello, Cranach e Tiziano che sembrano opere minori dopo aver assaporato i Caravaggio assemblati nella prima sala mentre il resto della galleria è ammucchiata fitta fitta sui muri della altre salette come tanti oli dei salotti borghesi, laddove arte di dubbia qualità viene esposta alla rinfusa come se acquistata all'ingrosso.

Mi sono resa conto che Caravaggio è molto moderno per il modo in cui presenta le solite immagini di carattere religioso, private di qualsiasi pietismo, di quello zelo religioso che invece pervade tanta arte antica (e che a me fa tanto rollare gli occhi con impazienza). Le sue figure sono di carne e ossa, rappresentazione di un'umanità che esisteva e esiste ancora fuori dai musei. Non c'è spirito, non c'è rapimento nè estasi. LA MADONNA DEI PALAFRENIERI regge il ragazzino con la casualità di una  madre che sta semplicemente aiutando il figlio a salire un gradino; nella GIUDITTA E OLOFERNE pare di vedere la violenza grafica dei film di Tarantino priva del trasporto emotivo dell'orrore rappresentato. E il SAN GIROLAMO manco ci degna di uno sguardo, preso com'è a scrivere accanto al suo bel teschio bianco. Questo distacco per me è quello che rende il lavoro di Caravaggio estremamente contemporaneo. E che fosse un dissoluto rissoso, lo rende ancora più simpatico.

Bacon in confronto è il più capace di astrazione, di un idealismo rappresentato dal tentativo di riprodurre più aspetti della persona ritratta. Quel suo non accontentarsi di una solaespressione, di un unica posa, quella sua ricerca di molteplicità nel senso di movimento e distorsione così caratteristiche dell'opera di Bacon non sono altro che il tentativo di non fermarsi alla definizione delle cose, di andare oltre al rappresentabile. Anche la sua richiesta di mettere sotto vetro certi suoi quadri in modo da ancorarli alla realtà che ci circonda, includendo così le rifrazioni di luce della sala e il riflesso dei visitatori tutt'intorno, sono un'aspirazione quasi romantica se confrontate con il "matter of fact" il "dato di fatto" del Caravaggio.

Comunque difficile isolare queste sensazioni nel caos delle gallerie impestate dalle scolaresche, bombardati visivamente dalle sedie roccocò cordonate, le sculture belle ma volgari di Canova e Bernini, i restauri sgargianti, le censure: quest'ultima quella dell'"ermafrodita che dorme", una scultura appoggiata al muro dalla parte dove il corpo nudo che riposa è lievemente sollevato rivelando - al muro- i dettagli prurienti del titolo che però rimangono celati (puritanemente e in odore di censura ecclesiastica) al visitatore, che può solo osservare il sedere nudo della statua. La guardona in me era molto seccata!


Per il resto, arrivare a Roma dopo anche le 3 ore del Regionale, dà sempre l'impressione di essere arrivati in un altro paese, un altro mondo,  in un'altra cultura. Il cuore si apre alla luce, alla temperatura che ti fa togliere subito il cappotto, e le arance mature sugli alberi e le palme ovunque mi illudono di essere di nuovo in California  -ma senza Jet lag! Mi domando sempre perchè non vengo più spesso in questa terra del sud, in questa città da scoprire, questa accozzaglia di architettura e multiculturalismo, vera città cosmopolita Italiana.

Poi quando il guasto elettrico alla stazione Termini blocca tutti i treni in partenza e in arrivo, come già successo qualche visita passata, mandando il mio ritorno a casa in un vortice di caos e incertezza, ecco che mi ricordo perchè non vengo più spesso a Roma!




(e lascio a Melinda il racconto della Maialata! a buon intenditrice...)

2 commenti:

giardigno65 ha detto...

ennò voglio leggere anche la tua versione della maialata.

Anche a me Roma da quella impressione... è l'unica città (più di MILANO !) che mi fa sentire provinciale.

Volevo andare anch'io a vedere la mostra, ma ultimamente non riusciamo a venire fuori dal quotidiano.

Melinda ha detto...

A me ha fatto tanto ridere leggere della signora che inciampa davanti al Picasso e procura uno strappo alla tela di 10/15 centimetri. Non perché sia fuori di testa, io intendo, ma per tutte le pippe che ti hanno fatto per entrare al museo con la tua inseparabile bottiglietta d'acqua per paura di tuoi attentati alle opere d'arte. Poi, dall'altra parte del mondo, per una mera questione d'equilibrio, arriva una e devasta la tela. Mi sono chiesta con che cosa aveva rovinato il tessuto? Con le unghie trattate con il French manicure? Con la molletta che teneva raccolti i capelli ( allora non poteva essere una newyorkese, secondo il pensiero profondo di Carrie di "Sex & the city)"? Con il brillocco che portava al dito?
Allora tieniti stratta la tua bottiglia di liquidi non infiammabili, per fare danni ci sono sempre i corpi umani