giovedì 17 giugno 2010

IL POST DI GINGER

mi spiace ma questa glie la rubo proprio allo Zenzerino:


AI PREDATORI DELL'UTOPIA

Ai predatori
dell'utopia

dentro di me
sono morte molte tigri

quelle che sono rimaste
tuttavia
sono libere

[Lau Siqueira]

giovedì 10 giugno 2010

NON è LA MORTE MA LA VITA SPRECATA


i rigurgiti di Ginger su coloro che muoiono relativamente giovani riflette, come la sua metafora degli specchi, le mie elucubrazioni in merito che appunto sono apparse in sincronismo proprio in questi giorni. 

Da un'intervista con SONIA, La rivista di Psicoanalisi Dell'Arte Contemporanea in merito alla prossima inaugurazione della mostra IO. MI VEDO COSì che si terrà Sabato 12 al Centro italiano della Fotografia d'Autore di Bibbiena (AR) di cui vedete in anteprima mondiale la mia partecipazione:

Oak Street Reflections, Luglio 1987  copyright Niki Ghini 

SONIA: Ma senti, l'aria era un pò sconvolta, avevi finito di stirare??
L'ARTISTA: No sconvolta no, se uno si fa una foto in genere pensa all'aspetto tecnico e a come sta venendo, valuta l'immagine e non si mette certo a ridere... La stanza era il mio mondo, tutto quello che avevo in USA era lì dentro perchè il resto della casa (la stanza oltre alla tenda a destra) era condiviso con il mio roommate; il ferro da stiro doveva convivere con la roba fotografica, i libri, la TV, la musica, la roba da disegno, la carta che collezionavo, i pochi abiti che avevo, etc. Dietro, nel walk-in closet dove una volta c'era il Murphy's bed avevo la camera oscura, peccato non aver pensato di accenderne la luce rossa....
  
SONIA: E le macchinine sono di latta, giocattoli vecchi o altro?
L'ARTISTA: Le macchine sono reali e dietro alle macchine c'è il Panhandle, parte del Golden Gate Park. Quello che vedi e l'interno della stanza fotografato che si riflette sul vetro, ma la mente immagina che stiamo guardando da fuori una scena "in vetrina" e ora che me la fai analizzare razionalmente questa foto è ancora più ganza di quello che vedeva a primo acchito la parte emotiva e esteticamente selettiva della mia analisi....

SONIA: Pazzesca la cosa delle macchine: l'ho riguardata e continuano a sembrarmi giocattoli. Forte.

L'ARTISTA: Si forte, anch'io dapprima ci ho visto le macchinine come sul davanzale della finestra, è quello che da "sapore" all'immagine inizialmente. Poi se qualcuno ti stimola con una domanda appropriata, come hai fatto tu, riesci ad imbastire un sacco di cose in più sul perché e il percome di un gesto istintivo. Come diceva il mio maestro JOE , e parafraso - you ought to play stupid and learn your intentions from your work.

SONIA: Che effetto ti fa riguardare questa foto??
L'ARTISTA: Che effetto mi fa? Mi piace, era il mio mondo, la mia vita, erano tempi belli seppur duri, ero libera e giovane e facevo quello che volevo fare, con passione non con denaro perché di quello ne avevo poco. Guardo l'immagine con distacco ora perché non sono più io, ormai sono già un'altra.  E un record però che sono contenta di avere. La prova che era vero, ero lì una volta.
SONIA: Ti senti veramente un'altra?
L'ARTISTA: Non è che mi sento un'altra, so di esserlo per il contesto che mi circonda. Le varie "vite" vissute, i periodi diversi, i posti diversi, la gente diversa è come se fossero capitoli di un libro di racconti. Ne finisce uno e ne inizia un altro. Ho sempre pensato a piccole morti, perché per me la morte è solo un ennesimo cambiamento, e quindi tutte le fini della mia vita sono piccole morti. La vita di Firenze. La vita in USA, la vita Ad Arezzo, quella di Poppi. Archiviate e studiate come geroglifici antichi da cui si impara ma con distacco emotivo, sì. Non mi sento un altra nel senso di migliore, non c'è continuum nel processo di avanzamento nella mia storia ma la mente ha bisogno di prendere il fiato dalla confusione di tanti ricordi differenti che a volte ha difficoltà a localizzare. Vedo una persona che conosco di vista e mi domando a quale vita appartenga... 

Lavoro, scuola?
Usa Italia?
Firenze, Arezzo, Casentino? 
Arte, Rally, Viaggi?Musica?

Questo mi da un senso di confusione incredibile... -per non parlare della bipartizione linguistica della mia mente che è un capitolo a sé.... - ma anche la convinzione di essere cittadina del mondo, uno smacco alla provincialità di coloro che sanno di appartenere ad un tempo ed ad un luogo specifico. 

Non è la morte di per se che è tragica, è la vita che si è vissuta, se non la si è vissuta bene, che la rende tale.  

A life is a terrible thing to waste.

(strizzata d'occhio a Ginger per l'ispirazione del formato che non è plagiarismo bensì influenza - non quella da virus - ;-)
(doppia strizzata d'occhio a Sonia della omonima rivista ;-) ;-)
(la mostra  si apre Sabato 10 alle 18:00 e termina il 5 Settembre - per informazioni  qui e qui )

giovedì 3 giugno 2010

MUSICA, ARTE E SPORT - UN POST PER TUTTI I GUSTI

da ore sto caricando su YouTube la seconda parte del video che ho preso domenica al concerto dei Wilco all'Auditorium di Roma. Il concerto è stato bello ma non come quello visto a Firenze la  primavera scorsa, per lo meno per me. Non sono riuscita a "sentirlo" come ho sentito l'altro, con il corpo e non solo con le orecchie. Non so se sia una questione chimica, quello che hai mangiato la sera prima, o durante il giorno, che altera il tuo corpo in modo tale da farlo essere rilassato il giusto e recettivo in modo da permettergli di godere al massimo di una situazione. Io ho sempre avuto problemi in questo senso, forse perchè sono troppo nella mia testa e poco nel mio corpo. Forse arrivo con troppe aspettative.
Oppure è una questione dell'anima dei posti. Così come ci sono dei luoghi maledetti che attraggono o ispirano solo violenza, battaglie, assassinii, e brutture di ogni genere, ci sono anche posti che hanno un potere benefico, rasserenante, positivo. Forse io sono sensibile a questo, oppure inconsciamente "leggo" gli strumenti che creano l'atmosfera giusta: la luce, lo spazio, l'energia di un posto, e il risultato dello scan che faccio entrando in un posto è quello che mi permette di sentirmi in un modo o in un altro. Non vado volentieri al ristorante prerchè sono pochi i posti dove mi sento a mio agio. Se non ho luce naturale, se c'è la TV accesa, se sone in mezzo alla stanza etc, sono una palla, lo so.

L'Auditorium del Parco della Musica di Roma è una bellissima costruzione disegnata da Renzo Piano e la sala di Santa Cecilia (perchè dedicata ad una santa poi? Hanno usato i soldi della Chiesa?) è tecnicamente ben fatta e vanta un'acustica che prometteva molto bene per il concerto. Forse era troppo grande, oppure c'era troppa luce, troppo spesso la sala veniva illuminata a giorno e i faretti invece di puntare sulla band venivano rotati contro il pubblico abbagliandolo. Il suono era pulito ma non riusciva ad avvilupparmi. Ero ancora una volta "fuori" dall'azione, guardavo, sentivo ma non provavo la musica, il momento, dentro di me. Avrei voluto fosse più forte, sentirla più fisicamente con il corpo. Avrei voluto sentirmi una cosa sola con il resto del pubblico, un organismo complesso fatto di infinitesime particelle che però riescono a coesistere in armonia e provare all'unisono.  Come alla Pergola.

La band è sempre eccellente, tecnicamente non si può dire nulla, sono onesti e sinceri nel suonare ma si sentiva che sono stanchi. Sono mesi che sono in tournée in ogni parte del mondo e sebbene non gli potessi recriminare nulla, si sentiva un energia diversa priva del calore del primo concerto. Forse era inevitabile che rimanessi delusa visto che la volta scorsa era stato il concerto più bello che avessi visto.

Visto che eravamo a Roma poi siamo andati anche a vedere la mostra di Hopper, che chiude la prossima settimana, mostra  che volevo vedere già quando era a Milano ma poi ho scoperto che andava a Roma che è più vicina e facile per me da raggiungere. Quando siamo arrivati c'era una fila  di gente della madonna essendo Domenica, per cui incerta se saremmo riusciti ad entrare per tempo sono andata a sentire alla biglietteria se rientravamo nei tempi, entrando davanti a tutti quelli in fila in cerca di informazioni. Nessuno mi ha detto nulla quando sono passata per cui ho immaginato che fosse ok entrare per quelli che avevano fatto prevendita e ritiravano il loro biglietto e che la fila fosse per quelli che aspettavano il loro time slot per entrare. Diciamo che ho pensato poco e così metto le mani avanti. C'erano 3 persone davanti a me e presto la parte superiore della testa di una ragazza che sbucava sopra il monitor del pc, mi ha fatto cenno di avvicinarmi. Ho capito che tre biglietti costavano 70 euro ma lei mi ha corretto dicendo: Trenta, trenta Euro. Sollevata ho chiesto quando potessi entrare e lei ha detto perplessa: beh subito cosa ha preso i biglietti a fare sennò? Ho capito poi di aver fatto come tanti furbetti che detesto e di essere passata avanti a tutti quelli che in fila aspettavano di entrare per comprare il biglietto ed entrare!  La ragazza con tono di rimprovero mi ha detto di entrare veloce prima che la folla capisse, ma dovevo chiamare Rog e Pippi che mi raggiungessero, e per loro non è stato altrettanto facile passare avanti alla folla e all'impiegato del museo che regolava l'ingresso, il quale ovviamente si è sentito chiamato in causa a protestare perchè entravano quando non era il loro turno... Abbiamo sì beneficiato dalla mia tontarellaggine ma se consola qualcuno mi sono sentita in colpa per tutta il tempo che eravamo dentro alla galleria!

Sono stata contenta di vedere i lavori di Hopper dal vivo, sebbene la mostra fosse piena di "gimmicks", trovatelle divertenti per quelli a cui non basta l'arte da sola a rendere interessante un evento come quello. Ecco quindi le stazioni dove "fare il proprio Hopper da portare a casa" dove il visitatore poteva tracciare a matita uno degli sketch di Hopper proiettati su risme di carta, oppure la ricostruzione tridimensionale a grandezza d'uomo del dipinto "Nighthawks"


con tanto di Diner e clienti appollaiati sugli sgabelli. Come Andy Warhol, Hopper era prima un designer che un pittore, per cui le sue opere sono interessanti per certi aspetti ma non per altri. Se uno sente tutte le congetture e analisi che i critici amano riversare sui grandi, uno riesce ad andare oltre all'impatto dei colori e la chiarezza di immagine nei dipinti e afferrarne il contesto razionale. Emotivamente però si nota l'isolamento dei personaggi di Hopper, per cui sono i dipinti con persone che più mi hanno colpito, mentre gli acquarelli di paesaggi, e navi i dipinti architettonici e paesaggistici mi hanno lasciato indifferente, se pur molto piacevoli all'occhio. Sono rimasta incantata a contemplare la carne della spogliarellista di Girlie Show,

il cui effetto pittorico mi ricordava molto le mani della Sposa Ebrea di Rembrandt al Rijikmuseum di Amsterdam che da vicino sono una massa di colore senza sfumature o pennellate, ma che fatti due passi indietro rendono incredibilmente l'effetto di carne viva, pulsante. Nell'Hopper al contrario, il blu del velo che la spogliarellista sventola dietro alle spalle fa da sfondo e si riflette freddamente sul rosa livido della carne privandolo di vita, ma la definizione dei muscoli e della tridimensionalità delle forme mi hanno ipnotizzato per un pezzo nel tentativo di capire cosa conduceva a quell'effetto. Nella mostra il quadro, illuminato brillantemente, si stagliava nettamente dagli altri. Questo corpo nudo non era bello, (con quei seni che sembrano implants quando ancora la chirurgia estetica non esisteva) ma non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Ho anche notato come ogni disegno preparatorio, dei nudi in particolare, fosse dedicato alla moglie, come se con la sua dedica si facesse perdonare di qualcosa.

Infine parliamo di sport. Ok non sono una sportiva per cui solo tangenzialmente ne posso parlare. Quello che volevo riportare è un articolo nel NYT, che racconta come ai French Open di Tennis ci sia una lavanderia che ogni giorno lava e asciuga, stira e riconsegna ai reciproci proprietari 4500 capi di indumenti. Mi immagino un tavolone dove questi sacchi vengono aperti, e il loro contenuto tirato fuori etichettato, e spedito alle varie altre stazioni della lavanderia. Mi immagino i lavoranti, uomini e donne dal Marocco, Algeria, Turchia, Senegal, Vietnam e Cambogia; gente di tutti i colori e forme che si chinano sul tavolo ritmicamente per estrarre dai sacchi gli indumenti umidi e fragranti di sudore degli ultimi match. Spero di cuore che ridano mentre commentano e fanno battute su come l'odore della roba delle sorelle Williams abbiano odori differenti fra loro e da quelle della Dementieva, supponendone le cause fra razza, alimentazione, stress e periodo ormonale; vorrei pensare che traggano diversi significati da dove sono macchiati di terra rossa i calzini di Federer, da quanto sono sgorate di sudore le magliette di Nadal, dal numero di mutande che cambia Almagro o dai segni di maggior frizione visibili sui calzoncini di Gabashvili: tutte informazioni che possono rendere ai lavoranti la giornata più scorrevole, più colorita e piacevole. Spero che  da tutto quello che traspare dagli indumenti spediti a pulire possano indovinare magari chi sarà quello che vincerà quel giorno, magari scommettendo e vincendo qualche soldo a fine giornata. Un breve e piacevole intervallo dalle interminabili pile di lenzuola e asciugamani degli alberghi, tovagliati e asciughini dei ristoranti che fanno parte del loro lavoro il resto dell'anno.

Ecco tutto e grazie a Wikipedia per i nomi di giocatori che non avrei saputo citare altrimenti.