mercoledì 13 luglio 2011

COCCHI REALI Pilot Episode

RACCONTO A 4 MANI:

quella rosa di Melinda,
quella arancio di Unoqualunque
e quella verde-blu di Titina
Editing di Ignominia

Personaggi:

Il fratello e principe ereditario.
La sorella e principessa.
La matrigna.
Il padre.

I gemellastri fratel/sorellastri.
Il promesso sposo del Principe.
L'amante della principessa.

La Wedding Planner.
La carrozza che non c'è.

Ad un mese dalle nozze del principe ereditario Gregorio Tommaso Filippo Filiberto Filiberto (aveva avuto due avi regnanti con questo nome) Edoardo Emanuelito Alvaro III, il panico cominciò a serpeggiare nella mente della wedding planner insediatasi col proprio staff nel Salone dei Balli Minori a Palazzo.
Raggiunta la consapevolezza che il sospetto che le circolava per la mente poteva considerarsi una certezza, un fiume in piena di terrore e panico fuoriuscì in forma di lamento in crescendo dalle labbra siliconate e lucide di rossetto e si andò ad adagiare sulle spalle dei collaboratori, spazzando via l'accenno di serenità che dal giorno prima si era instaurato tra gli specchi del salone barocco rimesso ad ufficio per l'occasione.
Altri ululati di dolore echeggiarono per le stanze del Palazzo, alcuni raggiunsero le cucine dove la panna montata si smontò insieme alla maionese d'amblé; altri le soffitte dove i topolini intenti a giocare con i vecchi giochi abbandonati dei principini, smisero di giocare; fino ad arrivare alla Sala del Trono dove si stava ricevendo il Suburro Marcantonio di Swazzilandiola, Ambasciatore Pessimo dello Stato Cannibale, con cui si cercava di concordare le condizioni per arrivare ad accreditare l'ennesimo diplomatico, e di non farlo finire in salmì.
"Ohibò!", sussurrò il Sovrano. "Che cos'altro turba quella femmina infernale giù sotto?", chiese al segretario privato.
"Mando subito una guardia ad informarsi, Maestà", rispose l'ometto, inchinandosi al Sovrano seduto sul trono, da cui conduceva una conversazione attenta e brillante con il Pessimo. Una porta si aprì sbattendo violentemente le ante sulle pareti stuccate e una donna in tailleur -a cui era crollata sia l'acconciatura che l'incrollabile fiducia in se stessa come miglior wedding planner del pianeta- precipitò nella Sala del Trono, inseguita dalle guardie reali che cercavano di fermarla, e dai suoi collaboratori che cercavano di fermare le guardie reali. Tra lo stupore generale la donna si precipitò ai piedi del trono, scansando con una gomitata il Suburro Marcantonio Pessimo e si lasciò cadere davanti al re. In lacrime.

"Maestà, manca la carrozza per il matrimonio", riuscì a dire prima di scoppiare in lacrime.

"Carrozza-zza-za-a, carrozza-zza-za-aa..."' cominciarono a riecheggiare gli stucchi, le volte, le tele delle grandi sale del Palazzo. L'eco correva, scivolava, serpeggiava più veloce della folgore e, insieme, vibrava l'angoscia di tutti gli abitanti del Palazzo: non mancarono vere e proprie scene di isteria.
Le domestiche, al piano di sotto, uggiolavano, i cuochi piangevano (e, stavolta, non per ciò che i loro taglieri vedevano sminuzzare); la servitù latrava, le dame di compagnia ululavano.
La principessa Carmen Osvalda Alberta Ingrid Filiberta Filiberta (triste destino, quello delle principesse sorelle), Duchessa del Virilalla, aveva infatti radunato un intero stuolo di dame, sue compagne e coetanee, per compiangere insieme il nefasto evento che, non molti giorni addietro, si era abbattuto sulla Casa Reale: avrebbero dovuto capirlo già allora che lo spezzarsi di quella sua unghia di rosso laccata altro non era che il triste presagio di una ben peggiore sciagura che era lì lì per venire.

"La carrozza!" gridò Carmen, balzando in piedi nel bel mezzo del proprio boudoir. "Oh, povero fratello!", disse. E, correndo, si lanciò come una saetta verso la porta.

Tale la foga di soccorrere le nozze compromesse dell'amato fratello che lasciò seminudo e interdetto sul letto disfatto l'amante col quale fin'allora si era sollazzata.
"Ma Carmecita...", provò il bell'imbusto a protestare.
"Un disastro, carino! Un vero disastro! Devo andare!", rispose sulla porta la regale amante.
"Passa dal Consierge e fatti pagare il solito. E soprattutto... NON CHIAMARMI Carmencita!"
Sparì in un fruscio di sete e crinoline per precipitarsi al piano di sotto, dove l'aspettavano per la manicure.
"Carrozza?", disse ghignando la perfida Regina Luigia, matrigna del Principe ereditario e della Principessa Carmen, che dopo aver sposato in seconde nozze il buon Re aveva dato alla luce i gemelli Valdo e Bilirubina.
"Carrozza! Ecco finalmente lo strumento della provvidenza per impedire le nozze del frocio..." sibilò costei, guardando amorevolmente i gemellini, che ignari, giocavano festosamente sul vasto tappeto damascato che ricopriva quasi per intero il parquet della camera.
(Valdo e Bilirubina sono due paffuti puttini, in tutto simili tra di loro, dato che sono per l’appunto gemelli, con l’unica differenza nel sesso. Biondi boccoli scendono sul collo di ambedue, occhietti un po’ porcini, affondati nelle guanciotte rosee, si muovono veloci per afferrare al volo qualsiasi possibilità di fare danno. La regina madre ha dato precise disposizioni di vestirli sempre uguali, dato per inteso che Valdo porta graziosi pagliaccetti stretti alla coscia e piccoli giustacuori dello stesso tessuto, e Bilirubina porta gonnette e corpetti del medesimo tessuto e colore. Inoltre Valdo, per onorare la sua già maschia virilità ,a dispetto della giovanissima età, porta sempre un piccolo spadino penzolante al fianco, e Bilirubina, a sottolineare la casta femminilità, allo stesso fianco ostenta una borsina ricamata e arricciata contenente solo un principesco fazzolettino da naso per il moccio.)
I due era nati provvidenzialmente poco dopo le reali seconde nozze del Re, chè in tal modo la perfida Luigia intendeva rafforzare in modo indissolubile il matrimonio, e anche, in prospettiva, soffiare il trono a quello che per lei era l’insopportabile, vanesio, maleducato, zotico, arrogante Gregorio Tommaso Filippo Filiberto eccetera eccetera.
Mentre Luigia poggiava lo sguardo amoroso sui gemelli (Valdo ostentando un sorriso angelico, tirava la coda al gatto, Bilirubina con serafica calma sfilava con attenzione certosina il ricamo di una delle dame di compagnia) ripassava mentalmente il suo progetto perfido. Nel suo sguardo amoroso comparvero trame e disegni che niente lasciavano presagire di buono. In quel momento il gatto, stanco della fanciullesca tortura, cacciò un miagolio simile al ruggito, riuscì a liberarsi dalle principesche manine e fuggì, non prima di aver affibbiato all’infante una ben mirata zampata.
Il piccolo Valdo, allora, cominciò a strillare, dimenando di qua e di là la sua boccoluta, bionda chioma principesca: la zampata, infatti, aveva lasciato un graffio sul dorso della manina, sollevando un lembo della sua morbida, lattea pelle.
"Madre, madre!", il bimbo si rivolse piagnucolante a Luigia, che, pensierosa, stava distrattamente contemplando - non senza un certo compiacimento - il lavoro della figlia Bilirubina sul vestito della dama più bella, "guardate cosa mi ha fatto quel gattaccio! Ahi ahiiiii!".
Il pianto interruppe la trama dei pensieri di Luigia che, stizzita, afferrò il braccio che Valdo le tendeva, e stritolandolo lievemente gridò: "E cosa sarà mai un graffio, Valdo, santiddio?! Valdo, vuoi per caso seguire le orme di quel finocchio regale?! Smettila di strillare come una checca!".
Avrebbe voluto dire "come una bambina", ma era chiaro che i pensieri sulle imminenti nozze del figliastro occupavano quasi per intero la sua mente.
Così le sue parole suscitarono l'ilarità di qualche dama - che cominciò a ghignare o sbuffare dietro la mano prontamente portata alla bocca - e, soprattutto, di Bilirubina, che iniziò a canticchiare:
"Vaa-ldo che-ccà.....Vaa-ldo che-ccà!", portandosi le manine sulle spalle, lanciandole poi in aria e sventolandole, sempre secondo il ritmo, a sinistra e a destra (stava riproducendo così canzone e rispettivo ballo imparati all'ultimo party dato dal fratellastro, in occasione del quale lo stesso Filiberto, travestito da indiano, si era impossessato del palco della grande sala, insieme ad altri suoi cinque strani amici, travestiti anche loro - un poliziotto, un cowboy, un motociclista, un soldato e un operaio).
La Regina Madre non badò a nulla: i suoi pensieri tornarono al matrimonio, al frocio, alla carrozza.
"Carrozza!", ripeté sottovoce, e le labbra si piegarono in un sorriso arcigno.
I due puttini uscirono, correndo, dalla sala: Valdo raddoppiando le lacrime per la ferita e per l'offesa di cui non capiva il significato-, Bilirubina appresso, gridandogli ancora, tra risa incontenibili, "Cheeeecca!! Cheeecca!".

Le stanze, adesso, risuonavano di un'altra parola.

Le vibrazioni scaturite dalla nuova parola urlata a squarciagola si diffusero per i corridoi e le sale, rimbalzarono sugli stucchi i tendaggi e gli specchi, per poi passare attraverso le innumerevoli porte intarsiate. Dietro una di queste, due battenti decorati in stile veneziano, con i colori prediletti dal Principe (il verdino, il giallino, il rosa antico, l'avorio) si apriva l'ampia camera da letto di Gregorio Tommaso Filippo Filiberto.
Questi, al centro della spaziosa stanza, con lo sguardo puntato su un'enorme specchio incorniciato d'oro che occupava buona parte della parete, pareva un indemoniato, o un povero mentecatto, o, peggio, un tarantolato. Perché nell'apparente assoluto silenzio, si dimenava in gesti e posizioni scomposte che sembravano non avere né capo né coda. Allungava le braccia in avanti, per poi portarle sulla testa, ancheggiava vistosamente, passandosi le dita sugli occhi sgranati e facendo passettini sulla punta dei piedi. Ma ecco svelata la stranezza: ben infilati nelle orecchie due auricolari quasi invisibili da cui pencolavano i fili connessi all'I-POD, la musica direttamente sparata al cervello.
Il principe allungando ancora una volta il braccio davanti a se, con il dito ad indicare qualcosa di immaginario, e girando a 180 gradi la testa da sinistra a destra, primo, non si accorse che con quel gesto della mano il vistoso anello che portava bizzarramente all'indice si sfilò e volò lontano, secondo non udì la parola che ancora echeggiava nei corridoi. Né tanto meno si accorse della porta che si apriva precipitosamente: entrò prima un tacco dodici con calza a rete, poi in contemporanea una nuvola di trasparenze e il viso congestionato della sorella, Carmen.

"Greg!", gridò Carmen, "Greg!!!".
Nessuna risposta. Dovette avvicinarsi così tanto da strappare le entrambe le cuffiette dalle orecchie tirando il cavo che penzolava dalla tasca posteriore dei jeans principeschi.
Subitamente nell'aria si allargarono le note metalliche di "Macho Man".
"Ehi Carmen!" esclamò sorridendo il fratello, sempre contento di vederla ed evidentemente abituato a queste incursioni improvvise nella camera da parte della sorella.
"Bacio, bacio...", disse indicando la guancia sinistra."Ma cos'hai fatto alla mano?", chiese notando la fasciatura fresca di giornata che ricopriva la mano destra.
"Trapianto delle unghie, così non si spezzano più a tradimento".
"Figo!!!", aggiunse estasiato il fratello per nulla impressionato dalle piccole chiazze di sangue che trasparivano dalla fasciatura.
"Sì, figo... Anche doloroso direi, ma alla fine ne vale la pena", rispose guardandosi la scultura medica che sarebbe stata per qualche giorno l'estremità destra. "E spegni questa musi anni ottanta".
Il lieve rumore ritmato e metallico che proveniva dalle perfette cuffiette intrauricolari Bose si silenziò.
"Ma non hai sentito il trambusto?"
"No, stavo provando il ballo di gruppo per la festa dell'addio al celibato. Perché che accade? La perfida Regina Luigia aspetta un altro paio di impiastri da nostro padre? Non credevo che i reali lombi potessero ancora...".
"Finiscila che mi fai vomitare all'idea di nostro padre che fa sesso. No! Si tratta, invece, della W.P.. Ha avuto una crisi isterica quando ha saputo che nel Regno non esiste più una singola carrozza".
"O una carrozza single?". Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
L'intesa tra loro due era quasi molecolare. Primi figli del primo re reinsediato al trono del Regno di Lupistein-Zissonia dopo il colpo di stato del 2035 perpetrato dal Generale Sfikilievich, e successivo intervento dell'esercito dell'Unione Europea di cui il piccolo regno faceva parte, avevano dovuto destreggiarsi tra i mille impegni e le mille restrizioni della nuova Corte supportandosi l'un l'altro, consolandosi delle fatiche del crescere affrontate in solitudine o al fianco di perfide istitutrice dallo sguardo gelido e la disciplina ferrea: il padre aveva da fare il re; la madre passava sei mesi l'anno a disintossicarsi alla clinica Betty Ford più esclusiva, aveva altro a cui pensare.
Erano quindi uniti. E quest'unione era temuta da molti, a partire dalla matrigna, che vedeva in questo sentimento la difficoltà maggiore di far salire al trono il piccolo Valdo (dopo l'incidente col gatto ribattezzato dalle dame di compagnia della madre: "Valda", come la pasticca). Si difendevano e sorvegliavano reciprocamente nella vita privata e in quella pubblica e gli sforzi di Carmen erano tutti per far sì che un giorno il fratello arrivasse ad indossare la corona del padre. Se non era stata trovata la strada per far fuori Gregorio Filiberto Filiberto Filiberto - e sì che erano stati assoldati più di un killer per provarci - era perché la sorella, che si portava diligentemente a letto ogni funzionario dei servizi segreti, per non far trapelare la notizia che si portava a letto TUTTI i funzionari dei servizi segreti, aveva sempre informazioni di prima mano e riusciva così a salvaguardare la vita del fratello.
"Finiscila di fare il cretino!", disse la sorella abbracciandolo.
"Insomma la carrozza per te e Gunter non c'è. Si parla pure di affittare quella della cugina Kate da Londra, ma pare ci siano delle difficoltà nello spostarla".

"Ma io e Gunter non abbiamo bisogno della carrozza", provò a protestare il principe.
.... continua

5 commenti:

Melinda ha detto...

Che emozzzzione!!!!

titina ha detto...

E ddddai!!complimenti per l'editing.
propongo poi scrittura a quattro mani della sceneggiatura, film animazione, libro fotografico, gadgets vari...

UnoQualunque ha detto...

:)))

ignominia ha detto...

grazie per l'apprezzamento, sta venendo bene, e in quanto all'editing, vediamo se siete complimentosi dopo che avete visto quello che ho fatto sul resto della vostra creazione...:-O

Siete comunque liberi di ignorare anche tutte le mie osservazioni ovviamente...

E per la sceneggiatura, film, gadgets vorrei ricordare che i piatti commemorativi devono avere le nostre 4 facce e non quelle di G&G :-)

giardigno65 ha detto...

posso affittarvi una zucca, ma non i topolini...