giovedì 10 giugno 2010

NON è LA MORTE MA LA VITA SPRECATA


i rigurgiti di Ginger su coloro che muoiono relativamente giovani riflette, come la sua metafora degli specchi, le mie elucubrazioni in merito che appunto sono apparse in sincronismo proprio in questi giorni. 

Da un'intervista con SONIA, La rivista di Psicoanalisi Dell'Arte Contemporanea in merito alla prossima inaugurazione della mostra IO. MI VEDO COSì che si terrà Sabato 12 al Centro italiano della Fotografia d'Autore di Bibbiena (AR) di cui vedete in anteprima mondiale la mia partecipazione:

Oak Street Reflections, Luglio 1987  copyright Niki Ghini 

SONIA: Ma senti, l'aria era un pò sconvolta, avevi finito di stirare??
L'ARTISTA: No sconvolta no, se uno si fa una foto in genere pensa all'aspetto tecnico e a come sta venendo, valuta l'immagine e non si mette certo a ridere... La stanza era il mio mondo, tutto quello che avevo in USA era lì dentro perchè il resto della casa (la stanza oltre alla tenda a destra) era condiviso con il mio roommate; il ferro da stiro doveva convivere con la roba fotografica, i libri, la TV, la musica, la roba da disegno, la carta che collezionavo, i pochi abiti che avevo, etc. Dietro, nel walk-in closet dove una volta c'era il Murphy's bed avevo la camera oscura, peccato non aver pensato di accenderne la luce rossa....
  
SONIA: E le macchinine sono di latta, giocattoli vecchi o altro?
L'ARTISTA: Le macchine sono reali e dietro alle macchine c'è il Panhandle, parte del Golden Gate Park. Quello che vedi e l'interno della stanza fotografato che si riflette sul vetro, ma la mente immagina che stiamo guardando da fuori una scena "in vetrina" e ora che me la fai analizzare razionalmente questa foto è ancora più ganza di quello che vedeva a primo acchito la parte emotiva e esteticamente selettiva della mia analisi....

SONIA: Pazzesca la cosa delle macchine: l'ho riguardata e continuano a sembrarmi giocattoli. Forte.

L'ARTISTA: Si forte, anch'io dapprima ci ho visto le macchinine come sul davanzale della finestra, è quello che da "sapore" all'immagine inizialmente. Poi se qualcuno ti stimola con una domanda appropriata, come hai fatto tu, riesci ad imbastire un sacco di cose in più sul perché e il percome di un gesto istintivo. Come diceva il mio maestro JOE , e parafraso - you ought to play stupid and learn your intentions from your work.

SONIA: Che effetto ti fa riguardare questa foto??
L'ARTISTA: Che effetto mi fa? Mi piace, era il mio mondo, la mia vita, erano tempi belli seppur duri, ero libera e giovane e facevo quello che volevo fare, con passione non con denaro perché di quello ne avevo poco. Guardo l'immagine con distacco ora perché non sono più io, ormai sono già un'altra.  E un record però che sono contenta di avere. La prova che era vero, ero lì una volta.
SONIA: Ti senti veramente un'altra?
L'ARTISTA: Non è che mi sento un'altra, so di esserlo per il contesto che mi circonda. Le varie "vite" vissute, i periodi diversi, i posti diversi, la gente diversa è come se fossero capitoli di un libro di racconti. Ne finisce uno e ne inizia un altro. Ho sempre pensato a piccole morti, perché per me la morte è solo un ennesimo cambiamento, e quindi tutte le fini della mia vita sono piccole morti. La vita di Firenze. La vita in USA, la vita Ad Arezzo, quella di Poppi. Archiviate e studiate come geroglifici antichi da cui si impara ma con distacco emotivo, sì. Non mi sento un altra nel senso di migliore, non c'è continuum nel processo di avanzamento nella mia storia ma la mente ha bisogno di prendere il fiato dalla confusione di tanti ricordi differenti che a volte ha difficoltà a localizzare. Vedo una persona che conosco di vista e mi domando a quale vita appartenga... 

Lavoro, scuola?
Usa Italia?
Firenze, Arezzo, Casentino? 
Arte, Rally, Viaggi?Musica?

Questo mi da un senso di confusione incredibile... -per non parlare della bipartizione linguistica della mia mente che è un capitolo a sé.... - ma anche la convinzione di essere cittadina del mondo, uno smacco alla provincialità di coloro che sanno di appartenere ad un tempo ed ad un luogo specifico. 

Non è la morte di per se che è tragica, è la vita che si è vissuta, se non la si è vissuta bene, che la rende tale.  

A life is a terrible thing to waste.

(strizzata d'occhio a Ginger per l'ispirazione del formato che non è plagiarismo bensì influenza - non quella da virus - ;-)
(doppia strizzata d'occhio a Sonia della omonima rivista ;-) ;-)
(la mostra  si apre Sabato 10 alle 18:00 e termina il 5 Settembre - per informazioni  qui e qui )

2 commenti:

giardigno65 ha detto...

non posso che ringraziare l'artista...

la foto è veramente bella, sei protagonista insieme ai tuoi oggetti, alle tue cose.

Direbbe Laureano Alban

Amo le cose che consumate brillano
come se i crepuscoli fossero
fermi in esse ardendo per sempre.
...

spero di poter venire alla mostra.

ciao

ignominia ha detto...

gracias Ginger, spero anch'io perchè ci sono un sacco di belle immagini, molto creative, specie di quelli non famosi che danno delle belle patte ai Di Biasi, Fontana, e Berengo Giardin (che si è ritratto sul vaso in bagno!) oops!