giovedì 20 ottobre 2011

COCCHI REALI - part IV

© 2011 Niki Ghini

(Racconto a 3 2 mani e un editor)

I soliti sospetti: G& G, Carmen & Valdo
Brando Sigfrid Sfikilievich, generale
Deborah Cherie, nota giornalista di costume
Tutta la truppa che aveva preso parte alla spedizione "fedi nunziali" si stava rilassando nei Giardini Inglesi alle spalle del Palazzo Reale: prati verdissimi rasati alla perfezione, alberi secolari dalle chiome folte, una lieve brezza che passava e suonava ogni singola foglia.
Seduti ad un tavolino di metallo, circondati da un codazzo di giornalisti e curiosi che li avevano subito riconosciuti tra la folla a passeggio, i nostri eroi cercavano di mangiare un'insalata ostentando regale indifferenza alla curiosità della plebe. E più che altro s'impegnavano a godere della bella giornata di sole.
"Cameriere - chiamò Carmen agitando la regal mano, - cameriere, potrebbe portarmi un'altra salvietta, per cortesia?".
"Certamente Altezza", rispose emozionato dal nobile convivio ed anche un po' sudaticcio, il giovane cameriere segaligno.
"Ed un'altra bibita per il piccolo qui a fianco... Ed un altro tè freddo per me... La ringrazio", continuò Carmen, con la principesca insistenza che la prendeva quando si sentiva nervosa per occhi estranei puntati addosso.
"Un'altra Coca non la voglio!!!", cominciò a piagnucolare Valdo, che in cuor suo non voleva neppure la scodella d'insalata che gli era stata posta di fronte senza alternativa alcuna di cibi più gustosi e saporiti.
"Zitto e butta giù - cercò di zittirlo la sorella - almeno ti si sgorga il lavandino con un rutto e c'è speranza che ti passi quell'alito mortifero che esali da stamani".
Tornò il cameriere che nel frattempo aveva trovato il tempo di pettinare i capelli ingelatinati, depositò le bevande, la salvietta, fece un inchino un po' troppo rigido e si allontanò dal tavolo.
Così Valdo ingurgitò di malavoglia la seconda Coca, 'quando lo saprà la mia mamma vedrete', pensò, ma non risollevò la forchetta ad assaggiare altra verdura.
"Sembriamo il club delle capre", disse sconsolato il Principe Gregorio.
"E' il minimo che possiamo fare con i vestiti per la cerimonia già pronti: ci aspetta un ultimo mese di ricevimenti e pranzi pre-matrimoniali, poi saremo liberi di riassaggiare il carboidrato maledetto", cercò di consolarlo, ma con poca convinzione, il promesso sposo: Gunter Viligelmo Ugo, Barone di Betternich.
Nel frattempo la folla si era allontanata di qualche metro per l'arrivo di una gruppo ristretto e poco appariscente di guardie del corpo, allertate dalla forza pubblica che si era messa in contato con il Palazzo, non appena aveva capito a cosa era dovuto l'anormale assembramento popolare.
Quel giorno a coordinare le guardie di sicurezza personali che s'occupavano della Famiglia reale c'era il generale Sfikilievich. L'imminenza dell'evento mondano aveva spostato la priorità sulla protezione personale degli ospiti e degli invitati che da lì a pochi giorni avrebbero pacificamente invaso il Regno. Certi eventi mettevano inevitabilmente in fibrillazione i nervi dei Servizi Segreti, che avrebbero pagato di persona se qualche pazzo, organizzato o meno, avesse trasformato quell'evento di Teste Coronate, in un fatto di cronaca nera. Tanto più eclatante il risultato, tanto più altisonanti i nomi ed i numeri che si potevano colpire.
Quindi, con una rapida nota del Buon Re, sollecitata da un insolitamente impaurita Regina Luigia, tutti i servizi di addestramento nelle caserme erano stati sospesi e le forze migliori (e pure le peggiori... Quando c'è da far numero non si guarda in faccia a nessuno!), erano state destinate al piano di protezione dell'Evento. Così dalla sua caserma in provincia, il Generale Sfikilievich aveva fatto le valigie e ripreso la strada della Capitale.
E proprio lui si vide apparire poco dopo l'arrivo delle guardie di sicurezza nei Giardini Inglesi.
"Quindi la zuppa inglese quest'oggi non la posso ordinare", fece Greg al fidanzato.
"Solo se poi ti chiudi in palestra per almeno un paio d'ore e stasera non fai il porcello a cena", rispose Gunter sorridendo intenerito dalla voglia di dessert del compagno. Gunter e Grag, entrambi golosi di dolci, avevano deciso di comune accordo di evitare come la peste qualsiasi carboidrato raffinato, da lì al giorno delle nozze. Tenevano al proprio aspetto che sapevano avrebbe fatto il giro del mondo grazie a foto e filmati, a volte così poco professionali da risultare impietosi. E non volevano pentirsi di nessun grammo di troppo che avrebbe reso vana una preparazione così attenta e faticosa. Quindi, seppur con tanta nostalgia dei manicaretti di pasticceria, ancora per un po', di torte non se ne parlava.
"Va bene. Niente dolce, allora. Dopo pranzo ho un incontro con il ciambellano di corte che si protrarrà un po'. Non so se riesco a chiudermi in palestra nel pomeriggio", disse Greg sconsolato.
Il Generale passò a fianco del tavolo e fece un saluto militare con tatto di sonoro sbattimento di tacchi. Questo fece sussultare Valdo che per lo spavento per poco non annaffiò i parenti seduti a tavola con la Coca, e che mollò il tanto atteso rutto idraulico con aria fintamente indifferente.
"Non c'è che dire - constatò ironica la Principessa Carmen rispondendo con un mezzo sorriso al saluto marziale del Generale, - perfettamente mimetizzato tra la gente con quella divisa tutta galloni e stellette. Ma chi è?"
"Mai visto", disse Gunter.
"Sfikilievich - informò Greg - richiamato dall'addestramento a Palazzo per la cerimonia".
"Mai visto prima", continuò Carmen.
"L'ho incontrato solo qualche volta in giro per qualche cerimonia. - continuò Greg - Si era fatto notare in passato per l'attaccamento alla corona, poi è scomparso improvvisamente lasciando dietro di sé un po' di chiacchiere e sospetti."
"Non sembra pericoloso", aggiunse Gunter.
"Non lo è, la mia mamma lo stima tanto", volle dire la sua il piccolo Valdo.
Nessuno si curò di lui: poco lontano una bella donna correva trafelata nei giardini urlando forte il nome del generale.
"Generale!!!, Generale Sfikilievich!!!"
"E questa chi è" si interrogarono in coro gli adulti.
"E' la signorina Deborah Cherie, che ha già fatto un'intervista alla mia mamma", continuò ad informare Valdo.
"Ossignore!!! La Cucurbita! - si irrigidì Gregorio - Quella pettegola è già qui?!"
La Cucurdita, Deborah Cherie, girò la testa verso il Real gruppetto e parve sorpresa di veder riunito come un qualunque Banal gruppetto al ristorante all'aperto, il motivo del suo trasloco nel Regno. Rallentò il passo, improvvisò un inchino a distanza, attese solo un attimo l'educato cenno di risposta, quindi proseguì con meno irruenza la manovra di avvicinamento del Generale.

I tacchi affondavano nella ghiaia dei viali e DCC mormorò un’imprecazione pensando ai suoi sandali con plateau fucsia a pois bianchi irrimediabilmente danneggiati. L’inaspettato incontro con gli sposi e i congiunti l’aveva sorpresa non poco, e per un attimo si chiese se rimandare il tentativo di approccio con Sfikilievich. Ma da grintosa professionista quale era, rallentando l’andatura e riavviandosi la leggendaria frangia viola melanzana, si avvicinò decisa alla sua meta.
Il Generale le dava le spalle e dava disposizioni a un gruppetto di sottoposti. Questi, parte in divisa e parte in borghese, annuivano in silenzio, palesemente soggiogati. I graduati erano irrigiditi petto in fuori e pancia in dentro, anche se la circostanza non lo richiedeva; quelli in borghese, occhiali neri e “cannuccia” all’orecchio, si guardavano furtivamente intorno per abitudine professionale ormai radicata. Uno di questi scattò rapidamente e si parò davanti DCC quando si rese conto che si stava avvicinando pericolosamente al Generale, e per giunta alle spalle.
“Signorina, l’accesso non è consentito. Si allontani”
DCC lo guardò, atteggiò prima la bocca a cuore poi sfoderò un sorriso a trentadue denti
“Forse non ha visto il mio “pass” giovanotto. Sono della stampa, il mio accredito è stato rilasciato direttamente dalla casa reale. Devo parlare con il Generale e sono certa che il Buon Re sarebbe assai scontento se qualcuno ostacolasse il mio lavoro….”
L’individuo nero-vestito si guardò nervosamente intorno e si toccò l’auricolare come alla ricerca di una risposta adeguata. DCC, che stava ancora esibendo il “pass” , senza muoversi di un millimetro spostò lentamente lo sguardo sulle spalle di Sfikilievich, che in quel momento si voltò. La faccia abbronzata, i capelli brizzolati tagliati a spazzola, la benda nera e l’unico occhio vigile e indagatore : DCC rimase colpita dalla forza e dalla virilità emanate da quell’uomo. La foto che aveva visto sull’organigramma del Palazzo rendeva giustizia solo in minima parte al Generale, che ora la stava guardando con severità.
“Generale Sfikilievich, sono Deborah Cherie Cucurbita, della trasmissione televisiva ‘Io c’ero e sono qui per raccontarvelo’ avrei bisogno di farle alcune domande sul matrimonio del Principe Gregorio”
DCC si rese conto per la prima volta nella sua carriera di sentirsi intimidita.
“Signorina, conosco la sua trasmissione. Come vede in questo momento sono impegnato. La potrò accontentare diciamo – Sfikilevich guardò l’orologio – tra venti minuti, al bar interno”
Gli individui nero-vestiti guardarono tutti simultaneamente gli orologi per sincronizzarli e mormorarono poche frasi con la bocca rivolta verso i baveri delle giacche , poi si accodarono al gruppo che, guidato dal generale, si spostava verso l’altro lato del giardino.
Da lontano il principesco gruppetto con annessi e connessi, aveva seguito con curiosità la scena
“Sarà pure poco pericoloso” disse Carmen “ma incute una certa soggezione, il milite. E quella squinzia ha avuto un bel coraggio a avvicinarsi con tutto quel popò di schieramento”
“La Cucurbita non si ferma davanti a niente, per uno scoop o un gossip in più si venderebbe l’anima. Non la sopporto. E poi è una cafona” disse Greg, lapidario.
Carmen si voltò di nuovo a guardarla
“Però i suoi sandali a pois con tacco dodici sono divini. Scommetto che sono di Liu Liu, l’adoro”
“Si, ma santiddio come si fa a andare in giro con QUELLA frangia di QUEL colore?”
In quel momento Valdo, che aveva adocchiato sul tavolo vicino una scodella di noccioline e se le stava trangugiando senza quasi masticare, cominciò a tossire e divenne paonazzo: qualche arachide evidentemente gli era andata per traverso.
“Oddio, Valdo, ma insomma, sta attento! “ Gridò Carmen, dando potenti manate sulle spalle del malcapitato per aiutarlo a sputare tutto.
Un grumo di poltiglia di arachidi schizzò fuori dalla bocca del fanciullo , e approdò sulla camicia di Gunter, il quale, rassegnato, alzò gli occhi al cielo.
“Ma non dovevamo parlare del party? Dell’addio al celibato? Mi sa che non è il posto adatto, troppe distrazioni. Basta, torniamo a Palazzo. VALDO, PIANTALA DI MANGIARE NOCCIOLINE!”
DCC era seduta su uno dei divanetti del bar interno e stava riordinando le idee in attesa del Generale.
Questi, con precisione cronometrica, varcò la soglia del bar esattamente venti minuti dopo la loro breve conversazione e con passo deciso si diresse verso di lei che ebbe modo così di apprezzarne di nuovo il fisico forgiato, lo sguardo autorevole, l’andatura militaresca.
“Generale, sono davvero onorata, e la ringrazio per aver acconsentito all’incontro”
Deborah sfoggiò tutto il suo frasario di circostanza, poi sfoggiò il suo migliore sorriso e si aggiustò per l’ennesima volta la frangia, attenta ad accavallare le gambe nel modo giusto. Doveva, assolutamente doveva trarre da quella conversazione tutte le notizie, le informazioni, i segreti, i sussurri, le descrizioni, i programmi, la scansione dell’agenda, tutto assolutamente tutto quello che poteva utilizzare nella sua trasmissione, e di più.
La conversazione durò più di quello che l’etichetta avrebbe prescritto e il buon senso suggerito. Fu interrotta solo una volta, quando la melodia della ‘Cavalcata delle Valchirie’ , scelta dal generale come suoneria del cellulare, irruppe a tutto volume e sovrastò le voci.
Il Generale saltò sulla sedia come uno scolaretto colto in flagrante.
“Si…No…Ci sarebbe ancora qualche dettaglio tecnico….Ma..SI…SI…SI….Conti su di me, Mae…” Zittì all’improvviso e, mettendosi sull’attenti per l’invisibile interlocutore, spense il cellulare.
“Mae…”? A Deborah non sfuggì l’esitazione di Sfikilievich : Mae che, o meglio, chi?
E dopo l’interruzione notò un notevole cambiamento nell’uomo che le stava di fronte: le spalle si erano incurvate, l’unico occhio, da vigile ora sembrava arrossato e lucido. E non era un debole tremore quello che piegava il labro inferiore?
Deborah colse al volo l’opportunità
“Generale, penso che dovremmo continuare la nostra conversazione con più tranquillità” disse, appoggiando la mano con tenera fermezza sul ginocchio di lui.
...continua

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