© 2012 Niki Ghini |
tre uomini. In piedi nel corridoio del Aerbus.
Il primo brizzolato e di mezza età ha l'aria puntigliosa di chi è arrivato prima e cerca di mantenere il vantaggio.
Il secondo, Asiatico, occhiali dalla montatura generica di plastica nera, ha l'aria da contabile o ingegnere, di chi sa essere neutrale e pratico.
Il terzo è arrivato ultimo sebbene in questa parte di aereo si salga per primi con il pre boarding. Ha la pelle scura, dev'essere mediorientale, e una papalina di lana bianca in testa. Ovviamente sta cercando di trovare posto per la sua valigetta negli scompartimenti gia' stipati dell'aereo.
Quest'ultimo è un vecchio modello usato per le rotte tutto-esaurito, con gli sportelli non molto capienti e dall'apertura ignara di design che faciliti l'inserimento dei bagagli.
Li guardo negoziare fra loro interpretando i gesti delle loro mani. Aprono gli scomparti, prima uno, poi un'altro, sono tutti pieni ma in qualche modo decidono che in uno si possa ricavare dello spazio. Le mani di Papalina toccano tentativamente una giacca, tastano una borsa; i gesti incerti comunicano che non è sicuro se gli altri siano d'accordo, ma deve ricevere cenni affermativi, con la cortesia necessaria alla sopravvivenza negli spazi ristretti di un aereo. Una valigetta nello scomparto viene trovata soffice e capace di adattarsi, le teste si girano interrogative le une verso le altre, intuisco da ciò che segue che sono cenni di approvazione. Per poter smuovere il pezzo devono essere prima asportati uno zainetto e una giacca, poi viene riassestato il contenuto spingendolo e rigirandolo fino a creare lo spazio sufficiente per collocare il trolley di Papalina. E così con fatica, lo si infila nello spazio dell'armadietto il cui sportello viene ora chiuso con un soddisfacente klack. Riappare lo zainetto che viene inserito nello spazio liberato dell'altro scomparto e infine la giacca viene ficcata a forza prima di chiudere anche questo.
L'esasperazione latente nel gesto finale mi dice che la negoziazione non e' stata facile, ma le Nazioni Unite di questo aereo hanno raggiunto un accordo e possiamo partire.
@MELI: why do the flight attendants want the windows closed when it's night time outside?
(PS mi scuso con coloro che sottoscrivono al blog via email per aver inviato quello precedente due volte ma l'avevo erroneamente cancellato e ho dovuto ripostarlo)
@MELI: why do the flight attendants want the windows closed when it's night time outside?
(PS mi scuso con coloro che sottoscrivono al blog via email per aver inviato quello precedente due volte ma l'avevo erroneamente cancellato e ho dovuto ripostarlo)
4 commenti:
To let passengers sleep when the sun rise and breakfast is not ready...
Or better: on long flights to let the sun light outside and give passengers the chance to sleep as long as they like.
Ho visto, vissuto e gestito per anni quello che ben descrivi. Ho maturato in me la certezza che la sistemazione del bagaglio toccasse aree della sensibilità umana generalmente tenute nascoste. Di fronte all'eccezionalità dell'evento "volo" che sempre ne segue, gli istinti di territorialità e sopravvivenza vengono a galla intrisi di paura, rabbia, senso di claustrofobia.
Si scatena il peggio in quella fase, come nella fase dei pasti. Anche qui la sussistenza, meglio la sopravvivenza che fanno capolino.
Ho visto signore anziane lottare come sollevatori di pesi olimpici per sistemare bagagli da 15 kg sopra di loro, ho visto signori distinti litigare per non spostare di un posto la loro 24h, ho visto pellicce di visone accartocciate sopra e sotto i bagagli degli altri. Ho visto "quest'inferno" ed il paradiso dei voli da e per il Giappone, con le cappelliere completamente VUOTE!
Mi piace quella delle cappelliere vuote giapponesi, come mai vuote? Anche al ritorno, dopo che hanno fatto incetta di Gucci e Ferragamo e Cavalli e Luis Vitton?
Il tuo commento mi ricorda il monologo di Rutger Howard in Blade Runner..
"I've seen things you people couldn't believe; attack ships on fire off the shoulder of Orion.
I've watched sea-beams glitter in the dark near the Tannhauser gate.
All these things will be lost in time...like tears in rain....time..to die."
;-)
Può sembrare ridicolo ma è più o meno quello che volevo esprimere. Vivere un imbarco lavorandoci in mezzo può rivelarsi indicibilmente frustrante.
Ho davvero visto di tutto, persino persone che chiedevano di sbarcare il bagaglio altrui per far posto al proprio. Il delirio.
Senza esagerazione. A meno che tu non lavori su un volo per il Giappone. Loro viaggiano comodi. Sempre. Non si stressano per il bagaglio a mano perché non ne hanno. Forse qualche busta con Gucci e C. al ritorno dal Bel Paese, ma mai nulla che non si possa gestire. Anzi, che loro non possano gestire in autonomia e senza stress.
Posta un commento