venerdì 30 settembre 2011

COPPI REGALI part-III


 
 (Racconto a 3 mani e un editor) 

I soliti sospetti: G&G Carmen & Valdo
Simi Abdallah Abdallah, commentatore
Brando Sigfrid Sfikilievich, generale

La mattina seguente il Regno pullulava di fotografi e fotoreporter. Era la prima ondata di arrivi nel nuovo aeroporto di città, costruito ex novo sui resti di un teatro tenda del "Cirque du Soleil", abbandonato dopo che tutti gli acrobati avevano simulato una storta per rientrare dalle famiglie a Montreal, che non vedevano per colpa di anni di repliche.
Constatata l'impossibilità di rintracciare atleti liberi sulla piazza o a spostare in loco una qualunque delle 150 troupes impegnate con spettacoli del prestigioso circo, con un colpo di mano il Buon Re aveva posto sotto sequestro la struttura. I suoi architetti avevano riconvertito quello spazio che adesso alloggiava un Terminal nuovo di pacca, con 5 pontili d'imbarco, un paio d'hangar per la flotta della compagnia di bandiera del piccolo Regno, la King Air, strutture essenziali per la funzionalità dello scalo ed un paio di piste per consentire decolli ed atterraggi in qualunque condizione climatica. Cosa che non era riuscita ai vicini italiani con anni di tentativi a Malpensa 2000.
Questa prima ondata di fotoreporter fu distribuita nei 5 nuovi hotel a Mega Stelle costruiti, questi sì, in occasione delle nozze reali, per lasciare i pochi altri disponibili, più prestigiosi per centralità e tradizione, alle teste coronate in arrivo, che per via del numero e qualità, non potevano essere tutte alloggiate a Palazzo.
Del resto chi voleva perdersi il matrimonio del secolo? Era in assoluto il primo che riguardasse due giovani figlioli di bell'aspetto e belle speranze, che avrebbero dovuto governare insieme il Regno nella loro veste di Re e Principe consorte. Pur essendo anni che le Monarchie costituzionali avevano sdoganato l'omosessualità di alcuni loro discendenti, sarebbe stata la prima volta che a salire al trono fosse un regnante dichiaratamente gay. Con buona pace della Chiesa Cattolica che aveva finora mancato di benedire la "regale unione", per non saper, come sempre, che posizione prendere al riguardo.
E mentre i taxi compivano svariate volte il percorso tra aeroporto e villaggio a Mega-Stelle - scaricando valigie ed attrezzature da ripresa a ritmo continuo- e mentre le nuove hall degli alberghi perdevano la loro verginità subendo il primo assalto della loro storia- i nostri eroi, Greg, Gunter e Carmen, fatta colazione in un caffè del centro, si dirigevano verso l'appuntamento dall'orafo fornitore di casa Reale, trascinandosi dietro un intontito Valdo, devastato dalla sveglia all'alba imposto alla Perfida Regina Luigia.
"Vai e prendi le misure", aveva detto Maman, e il povero Valdo, ligio al dovere e anche un po' spaventato dalla minaccia di ritorsione sui suoi criceti, si era fatto vestire in fretta dalla Tata. Aveva intascato con un taccuino a spirale anche un piccolo metro estensibile, che formavano nella tasca dei mini jeans Armadi (un bozzo evidente) ed ora camminava a fianco dei fratellastri, quasi trascinato tra la folla.
"Dovrebbe essere questo", disse Gunter fermo di fronte ad una vetrina, confrontando i caratteri dell'insegna con quelli di un biglietto da visita tenuto con due mani.
"Certo che è questo, lo riconosco", lo rassicurò Greg che lo invitò a suonare il campanello. La porta di cristallo fumé fece un lieve scatto e venne aperta completamente dall'interno dalla mano guantata di una guardia di sicurezza di notevole statura.
All'ingresso dei Principi e del Barone di Betternich, il fruscio garbato dell'aria condizionata fu sovrastato da quello degli abiti di tutti i dipendenti che si inchinavano contemporaneamente. Valdo sghignazzò nel vedere tanta deferenza, ma fu zittito da uno scappellotto della sorellastra.
"Mi hai fatto male! Cattiva", piagnucolò.
Con il dito indice perpendicolare alla bocca Carmen gli impose il silenzio e uno strattone al braccio lo fece rispondere all'inchino.
Le Loro Altezze Reali, presenti e future, furono invitate ad accomodarsi in un salottino privato sul retro anche se la gioielleria era chiusa a tempo indeterminato al resto della clientela.
E fu proprio poco prima di uscire dal negozio, mentre gli adulti si rilassavano prendendo un caffè, la scelta delle fedi ormai fatta, le frasi da incidere all'interno decise, che in piccolo Valdo appoggiò al cristallo il Calippo avuto al posto della bevanda eccitante, prese le misure del portafedi e le trascrisse nel primo foglio del blocco note. Ripose metro, blocco e penna nelle tasche e riprese a succhiare il ghiacciolo come se nulla fosse.
Nell'ala del palazzo diametralmente opposta a quella del Salone dei Balli Minori, dominio incontrastato della WP, il Buon Re aveva fatto creare a tempo di record una Real Sala Stampa per i 1500 giornalisti, tra carta stampata e televisioni, accreditati per l'evento. L'enorme open space era allestito con pannelli divisori, scrivanie, mensole, telefoni, computer, maxi schermo multivideo e tutta la strumentazione più aggiornata e avveniristica che si potesse reperire sulla piazza. Tra i 1500 i più attesi l'equipe di Simi Abdallah Abdallah, commentatore di punta della Platinum Television, dell'Emirato di Marsallah; Geertruida De Wit, la bionda famosa e formosa giornalista del "View" da Città del Capo; tutto lo staff di Hiijng Sen redattore capo dello Yangtze Vision dalla Cina; naturalmente Onorina de Balzac, la temuta commentatrice del "Monaco Whisper", famosa per i suoi articoli caustici e per i long drink che la accompagnavano a tutte le ore del giorno; Deborah Cherie Cucurbita era in ottima compagnia e del resto non era certo una novizia: sempre in prima linea in almeno venti matrimoni tra rampolli delle aristocrazie mondiali, altrettanti compleanni ed esordi in società di primogeniti secondogeniti ed eredi famosi, tre incoronazioni, sei fidanzamenti ufficiali e un numero illimitato di ricevimenti con non meno di 250 invitati.
Naturalmente, giocando in casa, era stata una delle prime a far pervenire la richiesta di accredito e ora, nell'open space ancora abbastanza vuoto, rigirando le dita affusolate nel nastrino che reggeva il "pass", guardava con aria concentrata il display del suo Vaio. Sullo schermo erano comparse una serie di foto e a fianco di ogni foto le informazioni anagrafiche e l'incarico ufficiale ricoperto al momento da ogni personaggio: era l'organigramma completo di tutto il personale in servizio a Palazzo Reale, dal primo Ciambellano all'ultimo sguattero delle cucine, compresi i diversi Corpi Militari e i Corpi di Guardia. Deborah Cherie per abitudine professionale come prima mossa cercava una o più possibili fonti di informazione, o talpe o gole profonde, a cui estorcere tutti i tipi di informazione, vere o presunte vere, e con ogni mezzo.
L'occhio le cadde sul primo piano di un giovanotto dall'aria sfrontata e con l'occhio da cerbiatto che le strappò un leggero fischio di ammirazione. "Però... E chi è questo bell'impunito, questo nerboruto sgarzoncello? A fianco della foto lesse: Ciro Tegliafuoco e, nel nome un destino, secondo cuoco nelle Reali Cucine. Deborah C. suo malgrado immaginò subito un incontro ravvicinato con Ciro, magari su uno dei tavoli di acciaio delle cucine, magari mentre impastava il pane con le braccia bianche di farina.... Da professionista quale era scacciò subito il pensiero, sebbene piacevole, e piuttosto cercò d’immaginare come avrebbe potuto avvicinare il giovanotto e soprattutto che tipo di informazioni avrebbe potuto carpirgli.
Sullo schermo comparve una serie di foto di personaggi in divisa. Deborah C. emise un secondo fischio, questa volta non per l'aspetto estetico dei personaggi, ma per le divise sgargianti e, per alcuni di essi, i fitti medaglieri che ornavano le giacche. Uno in particolare attirò la sua attenzione: lo sguardo arcigno di un solo occhio, l'altro coperto da una benda nera, capelli bianchi tagliati militarmente a spazzola e una smorfia sulla bocca carnosa. Sul petto una sfilza di medaglie di tutte le forme con nastri, coccarde e bottoni dorati. Lesse a fianco il nome: Brando Sigfrid Sfikilievich, generale di corpo d'armata in pensione, attuale responsabile della formazione delle reali reclute, nonchè presidente onorario di un folto elenco di associazioni e circoli. Un uomo molto ben inserito, indubbiamente, e indubbiamente con rapporti privilegiati all'interno della famiglia reale, e indubbiamente al corrente delle più riservate informazioni che la riguardavano. Deborah C. ricordò anche di voci che erano circolate a proposito di un'amicizia particolare con Luigia. Voci che erano state subito messe a tacere con insolita sollecitudine dal reale Ufficio Stampa.
DCC puntò l'indice affusolato con l'unghia laccata blu cobalto sulla foto di Sfikilievich e mormorò decisa "ecco il mio uomo".
...continua

domenica 31 luglio 2011

COCCHI REALI - part II


 (Racconto a 3 mani e un editor)

Gunter Viligelmo Ugo, barone di Betternich, Il promesso sposo del Principe.
Deborah Cherie Cucurbita La nota giornalista di costume
WP /Wedding Planner
Cosimo (detto Walallha) Assistente dell’assistente della WP
Luigia, La Regina matrigna
Il Generale Sfikilievich

Gunter Viligelmo Ugo, barone di Betternich, si godeva il suo più che meritato riposo, dopo un'intera giornata di ricerche, prenotazioni e pratiche: è vero, mancava ancora un mese; vero, si trattava degli ultimi ritocchi; però la felicità, l'emozione, l'ansia che inevitabilmente l'evento portava con sé erano talmente forti che egli non riusciva a star fermo un attimo, doveva, voleva avere tutto sotto controllo, assicurarsi che tutto andasse per il verso giusto. Un avvenimento tanto desiderato, questo matrimonio, per troppo tempo atteso, il coronamento del proprio - del loro - sogno, non poteva presentare alcun difetto.
Questi erano i pensieri che riempivano e al tempo stesso carezzavano la mente e il cuore di Gunter. E ora, dopo una giornata tanto frenetica, con un sorriso paradisiaco stampato sul suo volto, prese dalla mensola la cornice fucsia e oro che sigillava il loro amore : lui e Ghirigò (questo il nome in codice che, insieme, avevano stabilito per il principe, nei loro momenti di appassionata intimità.
Quante volte avevano scherzato - e che risate - sul fatto che proprio per un pelino la loro sigla da coppia, G&G, non somigliasse a quella del loro adorato duo-fashion, D& G!), ritratti nel più bel bacio che due innamorati possano darsi.
Gunter da tempo ormai aveva imparato a non dare più ascolto ai gossip che circolavano sul loro conto; e non poche sventure avevano dovuto affrontare insieme, in questi anni: paparazzi ovunque (Ghirigò, del resto, era uno dei più importanti principi eredi del tempo); rotocalchi che pubblicavano inviperiti articoli secondo cui lui, semplice e piccolo barone di Betternich, si apprestava a sposare il principe Filiberto Filiberto Filiberto per puro, evidente tornaconto; salotti televisivi interamente dedicati all'imminente sposalizio regale; scosciate, patetiche soubrette che ancora si ostinavano a insidiare il più bel principe del pianeta...
"Malelingue, tutte invidiose malelingue" si disse trasognato, passando le dita sulla foto incorniciata, come per rimuovere quei tre granelli di polvere che vi si erano depositati, in realtà benedicendo la loro unione, come se, così facendo, stesse sfiorando il viso dell'amato. Sospirò, beato e stanco.
Ma un pensiero, d'un tratto, rapì e affranse la sua mente; la sua aria sognante svanì in un secco istante:
"Ma come abbiamo potuto dimenticarcene?!" strillò, lasciando cadere la cornice sul divano zebrato e battendosi con un sol colpo di entrambe le mani le guance tirate in un'espressione di terrore,
"Coooome?!? La carrozza!!".

In effetti, solo pochi giorni prima, la nota giornalista di costume Deborah Cherie Cucurbita, in una delle affollatissime e seguitissime puntate pomeridiane del programma cult da lei condotto "Io c'ero e sono qui a raccontarvelo", proprio parlando dell'imminente matrimonio, aveva fatto una carrellata su tutti gli sposalizi più o meno regali e più o meno principeschi degli ultimi tempi, soffermandosi sui dettagli più vistosi e succulenti. Ed ecco quindi zoomate su torte nuziali di proporzioni megagalattiche; strascichi che si dipanavano per metri e metri con stuoli di paggetti e paggette: mises femminili tra le più originali e preziose, e, naturalmente, le carrozze. Aperte, chiuse, a due posti, a quattro posti, a quattro cavalli o a sei, con blasoni o senza. E Deborah Cherie, facendo la boccuccia a cuore e riavviandosi la frangia viola melanzana aveva commentato: "Non possiamo aspettarci niente di meno regale per il matrimonio che tutti noi stiamo aspettando con ansia e curiosità!" Era stata solo un'impressione o così dicendo aveva fatto una specie di occhiolino? Uno sguardo allusivo, dico-non-dico? Deborah Cherie, detta Aspide nei corridoi della televisione per cui lavorava, non diceva mai niente per caso.
Gunter aveva visto la trasmissione distrattamente, o meglio, la tele era accesa ma lui era concentrato su una ricetta dello chef Duchasse che avrebbe voluto imparare. Forse in modo subliminale l'argomento "carrozza" era comunque penetrato nei suoi pensieri e ora emergeva in tutta la sua tragica realtà. 

Gregorio non aveva acceso la TV proprio per perdersi, volutamente, le ultime illazioni sul suo prossimo matrimonio che sapeva, sarebbero inevitabilmente passate tra le notizie del giorno. Stava diventando tutto troppo pesante, e gli era parsa una buona idea scendere in palestra, in cerca di relax, a lavorare con i pesi. Non che ci volesse ripensare, ma la pressione mediatica costruita ad arte sul SUO matrimonio sembrava non aver mai fine. E sì che la WP lo aveva avvertito sin dalla prima riunione tenuta nel di lei ufficio di New York: la stampa non avrebbe fatto sconti alla Regal Coppia: in un periodo di consolidata pace mondiale, in un momento in cui i diritti umani erano garantiti anche nel Burkina Faso, da quando i sistemi di automazione della produzione avevano messo in una posizione di assoluto relax i lavoratori ed i sindacati tutti, e rappacificato le gastriti nervose del mondo industriale con guadagni decuplicati di decennio in decennio, da allora in poi solo il gossip e le sue edizioni straordinarie, tenevano in vita giornali on-line e TV. Quindi, fino a dopo la cerimonia il principe e Gunter sarebbero stati "LA" carne da macello.
Così Gregorio aveva limitato per quanto possibile le uscite: l'ultima volta che stava presenziando all'inaugurazione di una mostra dedicata a "L'arte Sumera Inferiore nei Decenni del Regno Superiore", due madri sconsiderate gli avevano lanciato contro due pargoletti in fasce (di visone), cercando di attribuirgliene la paternità. La qual cosa aveva:
1- fatto accapigliare le due donne che pretendevano di aver avuto il suo amore esclusivo, fino all'intervento della Sicurezza;
2- fatto piegar dal ridere fino alle lacrime Gunter che stava seguendo la cerimonia dal laboratorio di pasticceria della Villa Baronale;
3- fatto irritare irreparabilmente la Perfida Luigia, che aveva organizzato la scenata per screditarlo (-Non si vantava ad ogni piè sospinto di essere gay da sempre? Allora spiegasse l’esistenza delle due creature a due giorni di distanza dal Gay Pride a cui aveva offerto il patrocinio!);
4- rovinato l'abito alla Marchesa Del Miliardo-Bova-Straricchini, che lanciatasi a raccattare i bimbi al volo, dopo un perfetto catch rugbistico era atterrata su un pannolino sporco abbandonato sul pavimento. Bimbi indenni, taffetà maculato marrone, acconciatura posticcia divelta...
Pur non avendo acceso la TV Gregorio sapeva che l'argomento del giorno de: "Io c'ero e ve lo racconto volentieri nei dettagli perché l'ho visto coi miei occhi", trasmissione concorrenziale a quella col titolo più corto di Deborah Cherie, sarebbe stato la carrozza ed il corteo RealQueer. C'era una talpa a Palazzo che la metteva al corrente di tutto quello che capitava tra quelle... quattrocento mura, e il mezzo svenimento mattutino della WP non era passato inosservato.
Uscì dalla PrinceGym dai sotterranei dopo un'ora di lavoro sugli addominali bassi, e ancora sudato ed in pantaloncini in lycra neri andò a bussare alla porta del Salone dei Balli Minori, regno indiscusso della WP. Non ottenendo risposta aprì la porta ed entrò. L'abbigliamento non regale ma palesemente esplicativo delle "dimensioni principesche", fece scivolare dalla sedia su cui era seduto Cosimo, detto Walallha, assistente personale della seconda assistente della WP.
"Accomodatevi Altezza", disse Walallha rialzandosi e raddrizzando gli occhiali di corno nero.
"Buonasera Wal... Cosimo. Cercavo il Capo Supremo".
"Miz WP, "Come Me Nessuno Mai", si trova su di un aereo di Stato con la prima e la seconda assistente personale, destinazione Copenhagen", rispose Walallha facendo scendere gli occhi sul Fornito Pacco Regale in lycra. "Se potessi esserle utile io... Maestà...".
"Copenhagen? Royal Bomboniere?", chiese allora Gregorio che si schiantò a sedere sulla prima sedia girevole che gli capitò a tiro, a gambe provocatoriamente larghe. La predilezione di Cosimo per lui era evidente da quando si erano incontrati nell'ufficio di Manhattan.
"Sì, anzi no, Maesta...", balbetto Walallha.
"Non sono Maestà Cosimo. Walà che lo sai. 'Altezza reale' è sufficiente", disse allungandosi un po' di più sullo schienale.
"Sì, Altezza. No, altezza, no bomboniere, Altezza", sudava freddo Cosimo senza riuscire staccare gli occhi del Regal Pacco.
"Allora perché sono volati fino in Danimarca tutti quanti, eh?", insisteva il Principe più che conscio dell'imbarazzo di Walallha.
"Devono forse scegliere la torta?".
"No, Altezza".
"Vero, quella la farà Gunter con le sue manine. Scelgono i fiori per gli addobbi, allora?".
"No fiori, Altezza", sempre più sudato ed ipnotizzato dal Real Pendolo.
"Allora la birra per il ricevimento?", disse il divertito Greg dandosi una passata velocissima con la mano al manico.
"No, no. No birra, Altezza", Walallha, la salivazione fuori controllo, stava quasi per inginocchiarsi e chiedere pietà all'Altezzza Reale.
"E allora perché cazzo sono volati tutti fin là, eh, Walallha?", chiese il Principe Ereditario con un'ottava sopra l'usuale, chiudendo di scatto le gambe e balzando in piedi.
"Pe... Per la carroscia... Ehm... La Ca-Rro-Zza, Vostra Altezza", provò a rispondere Cosimo facendo uno sforzo di concentrazione fuori dalle sue possibilità neuroniche e riportando gli occhi all'altezza del viso di Greg.
"Perché, la zia Margherita ci presterebbe la sua?".
"E' una possibilità, Altezza. O meglio lo era: appena involati gli altri, mi è arrivato un fax con la descrizione del mezzo in questione, dove si diceva che hanno dovuto aggiungere un meccanismo Ceteco alla vettura, per consentire la salita all'ultra centenaria Regina. Quindi non fa al caso nostro". Disse riuscendo finalmente a riprendere il controllo di sé.
"E perché non le hai fatte tornare indietro?", obiettò il risparmioso Principo ecologo.
"Visto che erano in volo hanno deciso di deviare verso la Svezia a farsi una scorpacciata di aringhe e a bussare alla porta delle Regina Victoria Alice".
"Aringhe? non saranno mica nel menù, vero?", chiese Gregorio preoccupato per l'allergia conclamata a quel pesce dell'amato consorte.
"Aringhe? Mai Altezza, come da contratto stilato a New York", rispose.
"Rientreranno tutti in nottata, Pacchezza... Oddio, perdonate, ALTEZZA REALE!", strillò per coprire la gaffe il segretario.
"Appena rientrano fammi chiamare dal Capo Supremo. Devo capire la faccenda di questa maledetta carrozza".
"Sarà fatto Altezza, e subito dopo dovrò chiamare al telefono il Barone di Betternich che ha chiamato pochi minuti fa per chiedere la stessa cosa", aggiunse con efficienza e uno sguardo languido Cosimo che aveva ripreso a sciogliersi rimirando le Principesche fattezze.
Il telefonino di Gregorio vibrò nella tasca posteriore dei pantaloncini. Nel visore il simbolo di due cuori splendeva di raggi dipinti rossi e gialli. Era il numero di Gunter. Gregorio uscì salutando con la mano, lasciando Cosimo piegato in una riverenza garbata e assolutamente inadatta alla situazione informale dell'ufficio, ma che esprimeva tutta l'ammirazione del sotto-sotto-segretario per il Manzo Regale.
Al telefono Gregorio Tommaso Filippo Filiberto Filiberto Edoardo Emanuelito Alvaro III disse: "Ma siamo sicuri che ci serva una carrozza, amore? Forse ne possiamo fare a meno ed usare..."
"I regali Roller Blade, immagino", si infilò a forza nella conversazione la Perfida Luigia. Gregorio si bloccò non avendola sentita arrivare nel corridoio che percorreva.
"Buonasera matrigna", la salutò lui.
"MA CERTO CHE UNA CARROZZA SERVE, Buon Dio! - esclamò ad alta voce - "E' o non è un matrimonio Reale questo?".
"Matrigna, stavamo solo dicendo che..." Non lo lasciò neppure formulare l'ipotesi articolata di rinuncia che subito riattaccò urlando: "LA CARROZZA LA VOGLIO IO, CAPITO? LA VUOLE LA REGINA, E' CHIARO? NON SIAMO DEI PEZZENTI QUALUNQUE, SIAMO I SO-VRA-NI DI QUESTO REGNO E LA CARROZZA CI DEV'ESSERE, CHIARO?", continuò urlando per la sua strada, scomparendo dietro una porta così com'era arrivata e lasciando Gregorio stupefatto.
"L'hai sentita, la Perfy vero? - chiese al telefono - Ti richiamo tra un po’".

Luigia, detta affettuosamente Perfy da Greg e Gunter, assolutamente consapevole della sparata che aveva fatto, buttò in avanti il mento e se avesse potuto cacciare fumo dalle orecchie lo avrebbe fatto di certo. Quell'insulso, ridicolo, maleducato, irrispettoso, trasandato, poco incline alla regalità di Gregorio aveva il dono di farla imbestialire, di farle perdere il lume della ragione, di provocarle le più basse e imprevedibili azioni. Il Buon Re era stato un inetto, del tutto incapace di tirare su i due figli avuti dalla defunta moglie. Greg e Carmen, erano un campionario dei peggiori comportamenti, abitudini e atteggiamenti che ci si potesse aspettare da figli avuti in sorte...
Ma non era intervenuta lei, come un dono del cielo, prima a farsi sposare e subito dopo a dare alla luce i due principeschi pargoli, i boccoluti puttini, gli adorabili Valdo e Bilirubina? E non era suo compito preciso spazzare via a qualunque costo ogni ostacolo che si fosse frapposto tra i due e il trono? Greg e Carmen dovevano semplicemente farsi in là, sparire, annullarsi, rendersi invisibili, trasformarsi in innocue comparse.
E possibilmente in compagnia di quell'altro nullafacente cafone presuntuoso di Gunter.
Spinse con decisione la porta ed entrò nella sartoria regale dove uno stuolo di sarti e cucitrici si affaccendavano tra enormi tavoli da lavoro e appendiabiti su ruote che venivano spostati continuamente. In piedi su un pouf, davanti a uno specchio, Valdo, braccia incrociate sul petto e faccia imbronciata, avvistò subito la madre.
-Maman maman, basta, uffa, questo vestito mi fa schifo, voglio andare a giocare, e questo mi ha rotto le scatole!
Disse, indicando uno dei reali sarti accucciato accanto al pouf con la bocca chiusa a trattenere una trentina di spilli, e un gessetto tra le mani. Il pover’uomo, visibilmente stressato, non osava proferire parola, anche perché così facendo gli sarebbero caduti dalla bocca tutti gli spilli. Ma il colorito della sua faccia tendeva sempre più al paonazzo.
“Valdo, fai il bravo, sarete i paggetti al matrimonio di Greg, lo sai, e dovrete indossare i vestiti più regali e più preziosi. ….E tua sorella dov'è?”
Valdo non si dette la pena di rispondere, aumentò il broncio e pareva fosse pronto a esplodere. Bilirubina era lì, sotto uno dei tavoli armata di un enorme paio di forbici, e tagliuzzava una trina preziosa facendone coriandoli.
“Tesooooro! Cucciola, vieni da mamma…. e tu l'abito nuovo l'hai già provato?”
Anche Bilirubina non si degnò di rispondere, impegnata com'era nella principesca malefatta. Alchè, Luigia , cambiando tono, si rivolse direttamente a una delle cucitrici:
“Insomma, avete finito i vestiti dei principi? Quante volte dovranno provare? Non vedete che si annoiano le creature?”
“Maestà, ci siamo quasi, mancano pochi dettagli. Il fatto è che non stanno fermi durante la prova...”
Non riuscì a finire
“Fermi? Stare fermi? Siete voi che siete degli incapaci! Incapaci di fare il vostro lavoro! La verità è che se non ci sono io qui, non funziona niente! Questo matrimonio già mi procura..”.
Si fermò in tempo. Avrebbe voluto dire: mi procura fastidi, anzi, mal di pancia, notti insonni, cattiva digestione, flatulenza, bile a livelli di allarme. Ma si trattenne, lasciò la frase smozzicata e, per darsi un contegno, afferrò un cuscino di seta decorato con fettucce e fiori, poggiato sul tavolo.
“E questo? Che sarebbe?”
“Il cuscino per le fedi, Maestà”.

Gregorio richiamò Gunter non appena la folata di aria smossa dal passaggio della Regina si fu placata.
Inutile dire che i due si dettero pace dell'ennesima scenata riservata loro dalla matrigna, sghignazzando alle sue regali spalle. Gunter non si dispensò dall'imitarla come sapeva fare alla perfezione, mentre impartiva ordini alla servitù. La scena in sartoria avrebbe fornito altro materiale ai suoi lazzi, se ne fosse stato partecipe.
Se agli occhi della Regina Gregorio era un ostacolo, Gunter rappresentava la prova che il mondo girava all'arrovescia: non solo Gregorio non ne voleva sapere di soccombere e volatilizzarsi come cenere nel vento, adesso stava diventando un "ingombro con possibilità di felicità coniugale", con possibilità di adottare figli, o farsene scodellarne uno da madre surrogata; dando così al Trono, un erede che avrebbe scavalcato il SUO povero Valdo, di un posto nell'asse ereditario: con un potenziale pupo tra i piedi, per vedere Valdo sovrano, la Regina avrebbe dovuto far fuori tre discendenti invece dei due che già odiava e progettava di sterminare.
Al loro primo incontro la Regina e Gunter, su precise istruzioni di Gregorio, si erano palesemente ignorati, prodigandosi in sorrisi spaziosi, e conversazioni con altri invitati.
Sempre meglio di una guerra dichiarata, consumata e conclusa. Che di certo avrebbe lasciato delle vittime sui tappeti persiani. E tra queste non ci sarebbe stata Lei, sua Maestà la Regina Luigia: non fosse altro che per il rispetto che le era dovuto in quanto Regina, Gunter avrebbe dovuto lasciare l'ultima parola alla matrigna dell'amato e da allora la sua vita sarebbe diventata impossibile.
Gli intenti di Luigia non erano mistero per nessuno. Gunter sapeva dopo quel primo "non scontro" che la sua posizione a Palazzo non sarebbe stata sicura fino a nozze celebrate, cioè fino a che anche lui non fosse diventato, per nomina del BuonRe, Principe della Corona, e con quel titolo avrebbe potuto sedere a fianco dell'amato, vita natural durante.
Fino a quel momento era stato in grado di svicolare da tutte le trappole tesegli della sovrana e ormai mancava solo un mese alla fatidica data. Anzi trenta giorni ad essere esatti.
I due fidanzati si salutarono solo più tardi dopo una buona dose di sesso telefonico, dandosi appuntamento per l’indomani, davanti al fornitore reale di gioielli, per la prova degli anelli nunziali.
Alla prova doveva essere presente anche Carmen, che nella cerimonia rivestiva il ruolo di Compare d'Anello del Principe. Nelle intenzioni pre morfeiane di Gregorio c'era quella di ricordarle l'appuntamento, prima di infilarsi dentro la doccia e poi sotto le coperte per una notte di meritato riposo.
Si infilò la vestaglia e percorse la scala che lo separava dal piano riservato alla Principessa. Salutò la guardia di piantone alla fine della scala.
Si avvicinò alla porta intagliata, e stava davvero per bussare, quando sentì al di là del legno, una serie di mugolii e grugniti, vaghe parole in una lingua straniera che non conosceva e parecchio scricchiolar di baldacchini.
L'attività ludica della sorella parve evidente anche a lui.
Lanciò un'occhiata al piantone che molto compito gli riferì: "Il Messo del Principato di Fincallia...".
Gregorio abbassò la testa ringraziando per l'informazione. Accarezzò il legno della porta, e sussurrò un "Buonanotte" carico di tenerezza, prima di scendere le scale e avviarsi verso i suoi appartamenti.

Finalmente sola nelle sue stanze, la Regina si sedette davanti alla toilette per iniziare le operazioni di "disallestimento" che precedevano ogni suo coricarsi: strucco e sparrucco venivano sempre compiuti in perfetta solitudine onde evitare il filtrare di immagini non autorizzate del suo volto, che avrebbero potuto mettere in risalto i microscopici segni dell'età che si rivelavano nell'intervallo tra un intervento di chirurgia estetica e l'altro. La Regina Matrigna era conscia del suo ruolo d’immagine ufficiale del Regno e lottava strenuamente per mantenere la stessa molto al di sopra degli standard regali internazionali.
Certo ogni tanto qualche cosa le sfuggiva di mano, ma a tutto non si poteva porre rimedio.
Il pensiero le andò, naturalmente a Gunter e Gregorio e Carmen e rischiò di perdere una lente a contatto color viola, mentre si strappava con rabbia un ciglio finto. Sì, non c'era nulla da fare: solo ricordare quell'incongruo terzetto le faceva saltare i nervi.
Riprese la calma solo quando al di là della porta, la governate le annunciò che i Principini erano finalmente addormentati, e l'idraulico per accomodare il miscelatore della vasca, divelto da Valdo durante il bagnetto, era in arrivo.
-OH, se avesse potuto vedere Valdo salire al trono!
-AH, se fosse avvenuto prima della sua maggiore età, così da poter gestire in sua vece gli affari dello Stato come reggente, per qualche annetto!
-UH, che quantità di bene avrebbe potuto fare a se stessa e al Regno in quegli anni, invece di quella onesta e retta e parsimoniosa, ma soprattutto noiosa, gestione del BuonRe!
-EH sì che si sentiva pronta e capace!
"Hi hi hi hi", sghignazzò mentre appoggiava la parrucca di capelli fulvi e cotonati, con corona incorporata, sulla testa di polistirolo a cui Bilirubina, che aveva un animo da artista, aveva disegnato due occhi viola, come quelli di mamma con indosso le lenti a contatto. Che dolce pargoletta! tutta amore e meraviglia nella scoperta delle cose del mondo.
Il cellulare privato vibrò sul piano di cristallo della toilette. Riconobbe subito il numero sullo schermo e aprì il telefonino felice della chiamata.
"Generale Sfikilievich, che novità mi porta"?
Annuì in silenzio per qualche istante ascoltando la risposta, poi disse: "Molto ben fatto, cercherò di farle avere al più presto la foto e le misure esatte del cuscino degli anelli degli sposi... Sì.... Esatto... Al più presto... Esatto. Ma non sarà troppo piccolo per contenere un chilo di tritolo?"...

continua...

mercoledì 20 luglio 2011

MALCOM X = OBAMA IN MY DREAMS


Eve Arnold, Magnum Photo
big storm last night, it rained Heifers...

I dreamt that we were in Agna, and I was looking into the shaft of a bell tower, where the bells had been lowered to block the entrance to it, as if they were the moving part of an elevator stuck between floors. In the tower were the stairs leading to the lower level, where a bunch of people had gathered. There was my family; mom, dad, sister, my aunt, Skip and other friends of ours. There also was Barak Obama who was the center of all the attention. I was impressed looking at thim that he did not look at all like Malcom X, whose picture I had seen the previous evening in the New Yorker, and whom I thought had a strong resemblance to the president, with his sensual lips and reflexive pose with hand under chin...

The president in front of me was a big man instead, a bit bloated so that his chiselled featured were now round, generic, he could have been just anybody you see in the streets of America. People in the room were making a fuss about him and he was tense and tired looking, formal even though the occasion was familial. He was our neighbor we learned, having bought a house nearby and I immediately wondered how often would he have time to enjoy a vacation here... 

After people stopped trying communicating their enthusiasm with bows and wide gesturing I stepped in and secure in my English, led him to sit next to me on a settee. By now he looked like the familiar face in all press photos, and I felt I had to ask how he wanted me to address him -hoping he would say Barak since he was in our home. He thought about it a while, too long, so I offered "Mr President?" and when he nodded his approval I was disappointed,      though I understood that it was not vanity but sense of duty that required him to insist on showing the proper respect to his position.

My language fluency put him at ease and we had a little friendly chat where I asked him the question on my mind - how much time would he possibly have to enjoy his home in Tuscany? He sighed and closed his eyes, and reopening them admitted sadly that he did not have the time he wished he had to relax, even here... 

He looked exhausted and spent so I told him to not mind me and just lay down and take a nap, and so he did closing his eyes next to me and was fast asleep. I was very uncomfortable as there was barely space for me to lay all scrunched up next to him and not fall off the narrow padded bench, but I kept still as long as I could to let him rest. Eventually somebody made noise and he woke up but I knew that bit of shut-eye had helped, and while he gathered himself to stand I wondered how he would get back upstairs and out of doors with the shaft closed by the darn bells...

What this had to do with the rain I do not know but I wanted to share the silliness of it all!